LA MONACA DI MONZA
Gian Ludovico Masetti Zannini, esperto di storia religiosa e tradizioni popolari, ha scritto un articolo dal titolo “Donna Marianna de Leyva dal monastero di Soncino a quello di Monza”. Lo studio si trova all’interno del n.4 dell’anno 1990 della rivista storica “Studia Borromaica”. Lo storico cita un documento che conferma la presenza della futura monaca di Monza a Soncino. Infatti si attesta che la piccola Marianna de Leyva (il suo originario nome prima di diventare monaca) “è stata in donzena tre anni nel monasterio di Santo Paulo del locho di Sonzino”. E più avanti si dice che “era stata alevata in monastero e ben istrutta di quanto bisogna a quelle che si vogliono farsi monacha”. L’autore ipotizza anche la probabilità che prima di entrare nel convento di San Paolo fosse stata ospite in casa della zia paterna, donna Marianna de Leyva, moglie del marchese Massimiliano Stampa. Si viene, così a delineare un quadro piuttosto preciso dei primi anni di vita di Marianna.
Nata nel 1575, quasi subito orfana della madre, fu affidata ancora bambina alla zia paterna e madrina di battesimo a cui aveva dato il suo nome. La zia era sposata con Massimiliano II Stampa, marchese di Soncino che dimorava nella Rocca Sforzesca soncinese: testimone della prima travagliata esistenza della piccola Marianna. Infatti sia lo zio Massimiliano (dopo la morte della moglie si farà frate Cappuccino col nome di Ambrogio e morirà nel 1601 mentre si dedicava alla conversione dei mussulmani, proclamato in seguito beato) che la zia Marianna erano dei ferventi religiosi spinti all’eccesso ed al fanatismo. La fanciullezza della futura monaca crebbe, quindi, in un clima oppressivo e maniacale, circondata non solo da personaggi negativi, ma anche da opere d’arte profondamente violente per la sensibilità di una bambina. Basti vedere le scene pittoriche della chiesa di Santa Maria delle Grazie, cappella privata della famiglia Stampa, famose per la loro crudezza e violenza.
Tra il 1586 e il 1588 la piccola Marianna vive all’interno del convento domenicano di san Paolo fondato dalla beata Stefana Quinzani. Qui viene preparata per la futura professione di monaca che avverrà nel 1591 a sedici anni a Monza col nome di Suor Virginia.
E se quest’infanzia soncinese del personaggio manzoniano è di recente scoperta, tutti conoscono le vicissitudini della famosa Monaca attraverso il romanzo dei Promessi Sposi. Pochi sanno, però, che Marianna venne condannata per le sue colpe passionali con Gian Paolo Osio e fu murata a vita in una cella di due metri e quaranta per un metro e ottanta. Rinchiusa nel 1608 ne uscirà tredici anni dopo, grazie al perdono del cardinale Borromeo, con indosso la medesima veste e con i segni della sporcizia e delle malattie subite. Morirà a 75 anni, l’ultima sopravvissuta a tutti i personaggi manzoniani.
Pochi anni prima della sua morte lo storico Giuseppe Ripamonti nel vederla scrive queste poche righe: “Vecchia ricurva, emaciata, veneranda; al vederla si crederebbe a malapena che un tempo abbia potuto essere bella e spudorata”.